(Christian Speranza) Centosessantaquattro musicisti, fra orchestra, cori e solista. Queste le forze sfoderate per l’inaugurazione della stagione 2025/2026 dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai (OSN), che giovedì 9 ottobre 2025, con replica venerdì 10, ha riaperto i battenti dell’Auditorium Arturo Toscanini di Torino per la Sinfonia n°3 in re minore di Gustav Mahler. Un tale gigante sinfonico mancava alla Rai dal 1999, quando venne eseguito presso il Lingotto sotto la direzione di Giuseppe Sinopoli (sulla piazza torinese se n’è avuta invece un’esecuzione più recente da parte del Teatro Regio).
Nella Terza, composta principalmente nelle estati del 1895-96 ed eseguita per la prima volta a Krefeld nel 1902, Mahler abbraccia l’intero creato, e non per modo di dire. Un primo gigantesco pannello di oltre mezz’ora annuncia il risveglio della natura, fra appelli di corni, marce, fanfare, scontri di masse sonore. Segue un Tempo di Minuetto dedicato al mondo vegetale, un terzo movimento dedicato a quello animale e un quarto dedicato all’uomo, in cui il contralto solista intona O Mensch! Dall’Also sprach Zarathustra di Nietzsche.
Oltre l’uomo c’è il Cielo: ed ecco il coro di voci bianche imitare le campane – peraltro richieste in orchestra – e il coro femminile dar voce a tre angeli, mentre il contralto impersona l’anima di Pietro penitente perdonato e accolto in Paradiso: è quanto narra il quinto movimento, la messa in musica dell’undicesimo Lied da Des Knaben Wunderhorn, raccolta di poesie popolari tedesche pubblicate nel 1805-08 cui da cui Mahler attinse a piene mani per tutta la prima parte della sua produzione, fino alla Quarta Sinfonia. E quando nemmeno più la voce umana è in grado di salire, ci pensano i puri suoni, che in un sublime Adagio concludono la Sinfonia, oltre le sfere celesti.
A dar vita a questa cosmogonia ci pensa l’Orchestra Sinfonica Nazionale (OSN), sotto la guida del suo direttore principale, Andrés Orozco-Estrada, che offre una lettura attenta e calibrata della partitura, con un occhio di riguardo alle dinamiche, ai colori, agli impasti orchestrali, improntando il tutto a una cifra di eleganza e misura – fuggendo quindi la tentazione di fare quel Mahler ipertrofico e ridondante nel quale sarebbe facile indulgere. Pur se l’organico richiesto è davvero enorme, infatti, Mahler non lo utilizza quasi mai assieme nella sua totalità, e anzi si creano diverse zone di suono quasi cameristico, che qui vengono esaltate a dovere.
Se ciò è possibile, è merito anche di un visibile affiatamento con l’orchestra, in forma smagliante e pronta a rispondere ai comandi, sì da cesellare il dettaglio tutta la Sinfonia, che sfiora l’ora e mezza: chapeau anche quindi per la tenuta, la resistenza e la concentrazione dei professori coinvolti, tra i quali vanno segnalati, per le loro encomiabili prestazioni nei non facili assoli, Roberto Ranfaldi (primo violino di spalla), Nicola Patrussi (oboe), Nicola Scialdone (corno inglese, entrambi per i glissandi del quarto movimento), Diego Di Mario (trombone, nel primo movimento) e Roberto Rossi (tromba fuori scena nel terzo movimento; Mahler richiede in realtà un Posthorn, una cornetta da postiglione, oggi introvabile e sostituita o da un flicorno soprano o, come qui, da una tromba). Menzione d’onore infine per gli otto corni, chiamati a un ruolo di primo piano soprattutto nel primo movimento ma anche altrove.
Anke Vondung riveste di velluto le parole di Nietzsche e quelle del Lied, esibendo voce calda e avvolgente. Non da meno il Coro Ruggero Maghini, qui presente nella sola frangia femminile, ottimo e compatto, sempre sotto l’attenta preparazione di Claudio Chiavazza. Claudio Fenoglio si fa carico invece di preparare il Coro di Voci Bianche del Teatro Regio di Torino, il cui apporto si concretizza in esiti di lucente trasparenza. I ripetuti richiami e gli applausi fioccanti sono la prova del gradimento del pubblico e della completa riuscita della serata.
Ph. RAI CULTURA
