(Christian Speranza) Testa calda, quel Wagner. Megalomane, grafomane, facinoroso. Nel 1848 sale con Bakunin sulle barricate di Dresda, ma quando viene arrestato preferisce scappare. Inizialmente trova rifugio a Weimar, presso Liszt. Poi si stabilisce a Zurigo. E qui lo raggiunge la moglie, Minna Planner, “parcheggiata” durante la rivoluzione a Chemnitz per evitare la guerra. Con Minna era sposato dal 1836, anche se in Mein Leben, la sua autobiografia (e ti pareva che uno così non scrivesse un libro sulla sua vita…), afferma esplicitamente di non averla mai amata sul serio.

Qui a Zurigo prosegue il gigantesco lavoro sul Ring, la Tetralogia dedicata a Sigfrido. Tra il 1852 e il 1856 completa le prime due opere, L’oro del Reno e La valchiria. Inizia anche la terza, Sigfrido, ne scrive il primo atto, metà del secondo e…

 Per lavorare in tranquillità, Wagner aveva affittato dall’amico Otto Wesendonck un’ala della sua villa zurighese. Wagner vi si trasferisce con Minna. A casa Wesendonck, però, conosce anche la moglie di Otto, Mathilde. Una graziosa brunetta, a giudicare dal ritratto di Karl Ferdinand Sohn. Una brunetta colta, intelligente, dedita alla poesia. Inizialmente tra i due è solo un’amicizia. Wagner, sensibile al fascino femminile, tra il 1857 e il ’58 mette in musica cinque sue poesie, note come i Wesendonck-Lieder. Poi l’amicizia si approfondisce, i due si innamorano; «è solo un’amica» regge sempre meno. Impossibilitati a esternare il loro amore, con Minna da una parte e Otto dall’altra, per giunta tutti sotto lo stesso tetto, ai due non restano che lettere appassionate e qualche appuntamento segreto. Probabilmente non sapremo mai cosa c’è stato davvero. Di sicuro il sentimento tra loro doveva essere fortissimo, se Wagner arriva a mettere da parte la Tetralogia e a scrivere per lei un poema, destinato a diventare il libretto della sua prossima opera. Due amanti che si amano di un amore irrefrenabile, impossibile, lei già sposata e lui in obbligo di amicizia col marito di lei: quasi un calco della leggenda di Tristano e Isotta. Una volta scritto, glielo porta, inizia forse a musicarlo…

Ma Minna trova le lettere e le fa leggere a Otto. Scandalo. Otto comprende e fa buon viso a cattivo gioco, ma Wagner deve allontanarsi (Minna torna a Dresda) e sceglie la via dell’Italia. E sulle sponde della laguna veneta trascorre sette mesi di assoluto isolamento, tra la fine del 1858 e l’inizio del 1859, dove compone il secondo atto del Tristano e Isotta. A marzo lascia Venezia, raggiunge Milano e torna in Svizzera, a Lucerna, dove termina l’opera.

Segue il disastroso biennio parigino 1860-61, dove tenta inutilmente di sfondare con L’olandese volante e Tannhäuser. Segue il viaggio a San Pietroburgo, il ritorno, l’indigenza, mentre il Tristano resta ineseguito e il progetto della Tetralogia sembra sfumato per sempre. Indebitato fino al collo, lo zio di Liszt, noto avvocato, gli vende casa e mobili a Vienna, così che di fatto resta senza alloggio. Di tornare dai Wesendonck, neanche a parlarne, anche se l’amore per Mathilde era finito…

 Tutto sembra perduto; un giorno del 1864, di passaggio a Monaco, viene raggiunto dal segretario di Ludwig II. Pensa che sia un creditore e fa rispondere di non essere in casa. Ma poi, alla vista di un anello e del ritratto del re, ci ripensa. È la svolta. Ludwig II, suo fervente ammiratore, fa mettere in scena il Tristano l’anno dopo!

Lo diresse il brillante Hans von Bülow, che all’epoca era sposato con la figlia di Liszt, Cosima. Che diventa prima l’amante, poi la seconda moglie di quel birbante di Wagner. Ma questa è un’altra storia…