Il Teatro Regio di Parma si conferma piazza d’eccellenza nel proporre, in chiusura di stagione, una Tosca memorabile.

L’allestimento di Joseph Franconi Lee, fedele al libretto, si rifà al noir anni Cinquanta e gioca su nuance di bianco e nero che passano per il grigio. Grigie sono infatti la Madonna al primo atto e la statua dell’angelo al terzo, pannelli dipinti in cui la bidimensionalità si fonde col trompe l’œil effetto marmo. Grigia è anche la Crocifissione di San Pietro di Guido Reni che incombe sul tavolo di Scarpia, con doppia allusione all’arte romana e al destino di morte che lì si prepara. Una palette solo apparentemente smorta, in realtà vivacizzata dagli ottimi costumi di William Orlandi, che soprattutto nel Te Deum, coi chierichetti in rosso, Scarpia in nero e la cupola di Sant’Andrea scorciata in prospettiva, offrono un colpo d’occhio davvero d’impatto. Pochi tocchi, quelli scelti da Orlandi, che firma anche le scene, pochi oggetti all’insegna di quello che, quando venne proposto, fu tacciato di minimalismo e che oggi siamo più inclini a definire funzionalità: un paio di sedie che il trafelato Angelotti rovescia entrando in chiesa, i crocifissi che ingombrano il desco di Scarpia, simulacro d’una fede più ostentata che sentita, una grande scalinata che può essere un altare nel primo atto o gli spalti di Castel Sant’Angelo nel terzo. Al fascino complessivo contribuiscono le luci di Andrea Borrelli, cupe come la tragedia narrata. L’ultimo atto avrebbe forse beneficiato maggiormente di uno schiarimento progressivo con l’arrivo dell’alba, anziché di un’oscurità continua inondata di rosso quando Tosca si suicida. Dettaglio che ad ogni modo non impedisce allo spettacolo di essere convincente.

 Il cast non è da meno. Maria José Siri, nel rôle-titre, dispone di voce ampia e luminosa, svettante in acuto, lievemente meno prestante nel grave, ma che risolve in modo impeccabile l’unica sua perla solistica, un Vissi d’arte di puro abbandono lirico, come pure i duetti con gli altri due protagonisti. Molto bene anche per il Cavaradossi di Fabio Sartori, tenore di robusta fibra vocale, timbrato e stentoreo, che raggiunge senza sforzo gli apici del pentagramma. Il suo trasognato Recondita armonia, bello sfumato, raccoglie ampi consensi, E lucevan le stelle viene prontamente bissato, insomma: consenso unanime. L’interpretazione generale è obiettivamente di alta qualità, anche se si sarebbe voluta qualche mezza tinta e qualche morbidezza in più.

Straordinario Luca Salsi. Reduce dal successo piacentino dei Due Foscari a inizio mese (leggi qui la recensione  https://www.tv2opera.it/2024/05/06/i-foscari-trionfano-a-piacenza/ ), torna a vestire i panni del perfido capo della polizia pontificia con un’energia e una convinzione che lo conferma ancora una volta uno Scarpia di riferimento. L’esasperazione di quel «Ma fatelo tacere!», sbattendo uno dei crocifissi sul tavolo, è palpabile, così come quando, una volta accoltellato, spazza via le suppellettili con un gesto disperato. Vocalmente, poi, non si finirebbe di lodarne il timbro scuro e pastoso, il volume e la consistenza dello strumento, il cesello del fraseggio, sì che quasi ogni parola esce tornita e carica di significato.

Da segnalare anche le ottime prove dell’Angelotti di Luciano Leoni e del Sagrestano di Roberto Abbondanza, che sbozzano credibilmente i loro personaggi e li rivestono di adeguata pregnanza vocale.

Completano infine il cast Marcello Nardis (Spoletta), Eugenio Maria Degiacomi (Sciarrone), Lucio Di Giovanni (Un carceriere) e Sofia Bucaram (Un pastore). Plauso particolare al Coro e alle Voci Bianche del Regio di Parma, istruiti rispettivamente da Martino Faggiani e Massimo Fiocchi Malaspina.

Daniel Oren, sul podio dell’ottima Orchestra Filarmonica Arturo Toscanini, è attento a esaltare finezze spesso neglette della complessa strumentazione pucciniana, mirando a sottolinearne l’essenza sinfonica di matrice post-wagneriana, senza indulgere in facili pletorismi ma anzi attenendosi con scrupolosa precisione al segno scritto. Ne risulta una concertazione equilibrata, che non soverchia il palcoscenico ma anzi lo asseconda senza assoggettarvisi. Come tutto il resto del cast riceve, al termine della recita di domenica 19 maggio 2024, cui qui si fa riferimento, applausi lunghi ed entusiasti da parte di un teatro prossimo al sold out.

 

Recensione della recita del 19 maggio 2024