( Alessandra Giorda) Al Teatro Regio di Torino è andata in scena una nuova produzione di Andrea Chénier  firmata da Giancarlo Del Monaco, figlio del grande Mario. Il dramma verista, capolavoro di Umberto Giordano, ha riempito la sala con il suo carico di passioni, ideali e sangue. La messa in scena discussa che divide i tradizionalisti dai progressisti ha puntato sulla verosimiglianza storica e sull’efficacia narrativa, con colpi di scena di grande effetto passando da una società dell’ancien régime per arrivare all’ultima guerra mondiale con tanto di muro di Berlino. Di forte impatto l’entrata in scena militari in total black con tanto di casco e muniti di armi,  quando ancora le dame al tempo della rivoluzione francese vestivano i loro abiti vezzosi con parrucche tipiche dell’epoca. Tuttavia il tutto ha avuto una sua  coerenza e buon gusto.

Sul podio, per la prima volta dopo la nomina come direttore musicale del teatro lirico torinese, Andrea Battistoni ha diretto l’Orchestra del Regio con energia e generosità sonora. Il direttore veronese predilige una lettura impetuosa, quasi cinematografica, sottolineando con vigore i contrasti della partitura e assecondando la scrittura verista con sonorità corpose e tempi serrati. Se da un lato questo approccio ha donato grande tensione narrativa e pathos alle scene corali e ai momenti più drammatici, dall’altro ha comportato qualche lieve squilibrio nei passaggi più intimi, dove l’orchestra è apparsa a tratti forse un pelo troppo presente, rischiando di coprire le voci, soprattutto nei piani e nei legati dei cantanti.

Di ottimo livello l’Orchestra del Regio, compatta, precisa e brillante nei fiati, con archi pieni e ottoni poderosi. Il Coro, preparato come sempre in maniera ottimale dal Ulisse Trabacchin, si è confermato una colonna portante della serata, soprattutto nelle scene d’assieme, dove ha saputo restituire il clima teso e convulso della Rivoluzione.

Ottimo il cast per quest’ultima opera in cartellone della fortunata e complessa Stagione 2024/2025 del Teatro Regio.

Gregory Kunde,  con i suoi 71 anni, si conferma di essere uno dei tenori più straordinari della sua generazione, capace di affrontare ancora oggi un ruolo complesso e usurante come quello del poeta rivoluzionario.

Kunde ha regalato al pubblico una prova di altissimo livello, nobilitando ogni frase con il suo timbro luminoso e una tenuta vocale sorprendente per la sua età. Il celebre Un dì all’azzurro spazio ha vibrato di accenti appassionati e di una dolcezza malinconica, con acuti ancora saldi e fraseggio curato. Ancor più emozionante è stato il finale, Come un bel dì di maggio, dove Kunde ha saputo cogliere tutta la struggente tenerezza dell’addio alla vita, dosando con intelligenza mezzevoci e slanci lirici.

Al suo fianco la straordinaria Maria Agresta,  nel ruolo di Maddalena di Coigny, vocalmente sicura nei momenti di maggior espansione, come in La mamma morta. Dotata di un legato di grande eleganza e pianissimi toccanti, per sfociare in un’esplosione di disperazione contenuta e al tempo stesso poetica. Maria Agresta, è un soprano di grande caratura che ha saputo disegnare un personaggio complesso e stratificato lungo lo svolgimento della recita. Vocalmente si è confermata in splendida forma: il timbro è luminoso notevole ed una padronanza espressiva assai piacevole.

Franco Vassallo ha vestito con autorevolezza i panni di Carlo Gérard, donando al personaggio spessore umano e vocale. Baritono  dal timbro caldo e brunito, ha affrontato il temutissimo Nemico della patria con sicurezza tecnica e un fraseggio incisivo, restituendo bene le ambiguità morali di un personaggio diviso tra ideali rivoluzionari e passioni personali. In scena, Vassallo si è confermato, come sempre, un interprete di grande presenza scenica, personalità e  indiscussa intensità.

A completare il  ben nutrito cast i ruoli di contorno sui quali non mi dilungo sottolineando plausi per ognuno di loro che si è perfettamente armonizzato ai ruoli principali. Manuela Custer (Madelon) Mara Gaudenzi (Bersi), Riccardo Rados (Un “Incredibile”), Vincenzo Nizzardo (Mathieu), Adriano Gramigni (Roucher), Federica Giansanti (La Contessa di Coigny), Nicolò Ceriani (Fléville e Fouquier-Tinville), Daniel Umbellino (L’Abate), Tyler Zimmerman (Dumas) e Janusz Nosek (Schmidt)

Belle le scene  di Daniel Bianco, i costumi meravigliosi di Jesús Ruiz, le luci appropriate di Vladi Spigarolo in una  coreografia firmata da  Barbara Staffolani.

A chiosa posso sostenere che è stato uno spettacolo che ha riportato con forza e coinvolgimento il verismo musicale sul palcoscenico torinese, ma capace di uscire dagli schemi tradizionali.

Al termine pubblico gaudente che ha dato sfogo a svariati minuti di applausi.

Le recite proseguono fino al 29/06/2025

Ph, Mattia Gaido e Daniele Ratti

Recensione del 18/06/2025